In Italia non si conosce con precisione il numero di persone con disabilità. La mancanza di dati è un problema perché, in questo contesto, diventa difficile pensare e finanziare a livello pubblico le politiche di sostegno e assistenza. Fino a oggi i piani e le misure messe in atto si basano su stime approssimative ricavate da sondaggi. L’Inps, l’ente che in Italia gestisce la liquidazione delle indennità di natura assistenziale, ha digitalizzato solo le certificazioni relative alle persone con disabilità effettuate dopo il 2010. Di conseguenza, a causa dell’incompletezza di questi dati, finora l’istituto di statistica italiano, l’Istat, le cui stime vengono utilizzate dal governo per calibrare le rispettive politiche, è dovuta ricorrere a indagini campionarie.
In Italia i soggetti rilevati che presentano gravi limitazioni – cioè che impediscono loro di svolgere attività abituali – sono poco più del 5 per cento della popolazione. Il dato deriva da un’indagine Istat, denominata “Aspetti della vita quotidiana”, in cui a un campione di 20mila famiglie o 50mila persone è stato chiesto di rispondere a diverse domande, tra cui la seguente: “A causa di problemi di salute, in che misura lei ha delle limitazioni, che durano da almeno sei mesi, nelle attività che le persone abitualmente svolgono?”. Le opzioni di risposta fornite erano tre: limitazioni gravi, limitazioni non gravi, nessuna limitazione.
L’occasionalità di queste indagini – l’ultima risale al 2019 – e la mancanza di dati aggiornati sono un ulteriore ostacolo nel definire le priorità e l’impatto delle politiche sulla disabilità. Come riporta l’articolo “In Italia non si sa quante siano le persone con disabilità” de Il Post, uno dei limiti principali dei dati deriva dal concetto stesso di disabilità. La Convenzione delle Nazioni Unite spiega infatti che le persone con disabilità, secondo la definizione più recente, sono tali non tanto in riferimento alla presenza esclusiva di un deficit fisico o psichico, quanto rispetto al contesto sociale con cui entrano in contatto. La disabilità, perciò, si ha ogni qual volta che le condizioni di salute delle persone si relazionano con gli ostacoli e le barriere dell’ambiente in cui vivono.
Per avere stime più affidabili in merito sarebbe innanzitutto necessario dotarsi di un campionamento più specifico e non utilizzare dati autoriferiti, basati cioè sulle risposte delle persone ai sondaggi. Dati più precisi permetterebbero di conoscere meglio le condizioni di vita delle persone con disabilità, e di individuare le barriere che determinano questi stessi svantaggi. Questa necessità è al centro di una campagna promossa dalla fondazione FightTheStroke, che supporta la causa dei giovani sopravvissuti a un ictus e con paralisi cerebrale infantile. La fondazione ha recentemente lanciato il progetto DisabledData, che ha l’obiettivo di raccogliere e rendere disponibili i dati sulla disabilità, ricavandoli da diverse fonti. Al progetto ha contribuito l’associazione onData, che sostiene l’effettiva apertura dei dati pubblici, mentre Sheldon.studio ha curato il design inclusivo e accessibile della piattaforma digitale.